Oggi, 22 settembre 2012, è stata inaugurata la nuova sede della
scuola media elementare Aurora Bachelet, Cernusco sul Naviglio (MI).
Sono presenti:
Interessante il modo in cui la professoressa Maria Antonietta Crippa sottolinea l'importanza dell'architettura e la qualità del progetto.
Riportiamo il testo del suo intervento:
Sono presenti:
- Dott. Eugenio Comincini, Sindaco di Cernusco
- Valentina Aprea, Assessore dell'istruzione, formazione e cultura di Regione Lombardia
- Avv. Marco Masi, Presidente Nazionale della Federazione Opere Educative
- Don Ettore Colombo, Prevosto di Cernusco.
- Prof. Lorenzo Ornaghi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali
- Avv. Giuseppe Guzzetti, Presidente di Fondazione Cariplo
- Dott. Enio Sirtori, Presidente BCC Cernusco
- Prof. Rosario Mazzeo, Rettore dell'Istituto "L'Aurora Bachelet"
- Prof.ssa Antonietta Crippa, ordinario di Storia dell'architettura presso il Politecnico di Milano
Interessante il modo in cui la professoressa Maria Antonietta Crippa sottolinea l'importanza dell'architettura e la qualità del progetto.
Riportiamo il testo del suo intervento:
L’architettura
è per l’uomo
Un
teologo italo-tedesco, Romano Guardini, ha definito l’architettura
‘mondo umano’; la formula ci dice che l’architettura è un
‘pezzo di mondo’, uno spazio ritagliato dal grande spazio cosmico
e terrestre per essere abitato dall'uomo, uno spazio costruito da
lui e per lui, che parla di lui, lo esprime.
L’architettura
inoltre non è mai per un uomo solo; come ha ricordato un architetto
americano, Louis Kahn, è anche istituzione al servizio della vita
associata: in essa gli uomini si trovano insieme, a proprio agio,
protetti ma anche liberi di poter svolgere con ordine diversi compiti
a vantaggio reciproco.
Un
filosofo contemporaneo, Gaston Bachelard, ha parlato di architetture
come spazi per poter ‘sognare’, come spazi che consentono
all’uomo di avvertire, dentro di sé, un grande spazio intimo,
attraverso rimandi emotivi.
La
possibilità di crescere in umanità e nel rispetto reciproco, nella
famiglia e nella società, il sogno di un ‘nido’ (un angolo del
mondo solo per noi) dove essere felici: sono desideri che ognuno di
noi ha e che implicano diritti e doveri, regole dunque dentro un
orizzonte di significati, di senso del vivere che supera ogni regola,
anche se la esige: ognuno di noi potrebbe descrivere così la dimora
in cui abita, più o meno bella secondo i canoni estetici del
momento, poco importa.
L’architettura
è arte e servizio
L’architettura
nelle sue espressioni più alte è arte, una delle arti visive; è
anche servizio indispensabile per l’ordinato e sereno sviluppo,
feriale e festivo, della singola persona e dei gruppi umani a scale
diverse (dalla famiglia alla comunità urbana). Come arte e servizio
deve procurare comfort fisico e psicologico, deve essere sicura,
agevole, emotivamente e sensibilmente confortante.
Viene
giudicata, in quanto arte e servizio, con parametri diversi. Tutti
possiamo valutare, vivendola, come assolve al proprio compito di
servizio, tenendo però sempre presente che richiede cura, controllo
e manutenzione, perché l’uso e le condizioni ambientali le causano
danni, alcuni evitabili altri no. Se costruita bene, con materiali
durevoli e tecniche sicure, ben collaudate, può durare molto a
lungo.
Il
comfort è un dato importante del suo servizio, valutabile in
corrispondenza anche all’esercizio dei sensi: vista, udito, tatto,
ecc., perché l’architettura è come un grande corpo in rapporto
con il corpo di ognuno di noi.
Per
valutarla come opera d’arte occorre però spostarci su un altro
piano, è importante che comprendiamo cosa sia il benessere
spirituale che un’architettura può dare: esso è una particolare
sintesi di sensibilità e ragione, un giudizio quindi, grazie al
quale comprendiamo che in un luogo particolare possiamo dedicarci al
lavoro per la maturazione completa della nostra persona. Si libera in
noi, grazie a questa consapevolezza spirituale, un’energia che ci
fa sentire ‘intensamente umani’: questo può accadere in una
casa, in una scuola, in un ufficio, in una piazza, in una città.
A
questo livello spirituale comprendiamo che l’architettura è un
‘oggetto sui generis’. Soprattutto ci rendiamo conto che, in
quanto arte, l’architettura contribuisce a far emergere, in noi, la
capacità di dire chi siamo, cioè come si compone il fascio delle
nostre esigenze di ogni tipo, anche spirituali. Il problema è
delicato, occorre stare attenti al fatto che i protagonisti del
cammino spirituale siamo noi, non l’architettura; in essa però può
esserci l’invito, la facilitazione, il segno che rimanda al senso
del vivere.
L’architettura
di una scuola
Uscire
da casa per andare a scuola, ognuno di noi lo sa, è un’esperienza
che porta dentro di sé un piccolo strappo iniziale, che certamente
non si dimentica col passare degli anni: è la prima importante
esperienza non solo dell’ignoto, ma dell’apertura ad un mondo che
chiede la maturazione di una responsabilità. Lo scolaro deve
imparare ad ascoltare e a rispondere, deve riconoscersi in una
comunità di persone non scelte ma accettate; tra allievo e
insegnante si mette in moto un dialogo che ha echi profondi. Per
rispondere a queste necessità l’edificio scuola non può ripeter
l’organizzazione di una casa, deve essere concepito secondo regole
proprie; in prima istanza potremmo dire che deve essere pensato come
una piccola città, una cittadella con strade e piazze, sale o spazi
dove ritirarsi in piccoli gruppi a lavorare, a fare sport, a giocare,
spazi per gli adulti, per i bambini, per i rapporti dei primi con i
secondi. Mentre in città si circola all’aperto, sotto le
intemperie quando è inevitabile, in un traffico che spesso diventa
caotico, nella cittadella scolastica invece tutto deve svolgersi al
coperto, alla luce, in sicurezza, in un ritmo il più possibile
armonico, che chiede anche il silenzio, la parola detta sottovoce, il
passo leggero.
Vien
da pensare che la scuola sia una cittadella dentro una grande casa:
il bambino o il ragazzo che la frequenta si trova cioè in una casa
analoga ma più grande rispetto a quella dove fino ad ora è stato;
una casa ‘specializzata’, dunque organizzata anche in analogia
con la città.
I
compiti dell’architetto
L’architetto
deve rispondere, dunque, ad una somma di esigenze, materiali,
psicologiche e spirituali. Sa che l’architettura deve essere anche
bella, ma non come una scultura. Lavora, per elaborarla, nelle tre
dimensioni dello spazio, ma non semplicemente pensando a tre linee
rette, bensì avendo sempre presente che deve raggiungere la messa a
punto di un ‘organismo’, parola interessante questa che ci
segnala un vero rapporto di analogia tra corpo dell’uomo e ‘corpo’
dell’architettura.
Oggi
l’architetto ha a disposizione programmi per il disegno, molto
complessi ma di grande aiuto a pensare l’architettura come
organismo unitario che può essere esplorato d continuo e immaginato,
in fase progettuale nelle diverse componenti.
All’architetta
spetta di pensare come distinguere tra spazio interno e spazio
esterno di un’architettura, come organizzare le pareti, i solai, i
tetti, i pavimenti, come far sperimentare la cavità interna di
un’architettura (per esempio facendo cogliere contemporaneamente,
in un unico colpo d’occhio, più piani). Come organizzare le
percorrenze interne, come consentire l’isolamento dei locali dove
si lavora, rispetto a quelli dove ci si incontra, ecc. Tutto questo
tenendo presente l’efficienza tecnica e il comfort fisico e
psicologico dell’edificio sotto ogni punto di vista. Infine
all’architetto spetta il compito di dare una qualità che chiamiamo
normalmente bellezza all’edificio, in una sintesi finale in cui
entra il suo gusto, la sua sensibilità, la sua cultura.
Ognuno
di noi dovrebbe dunque essere in grado di dire se questa scuola è
bella, se ci offre comfort psichico, psicologico e spirituale, dopo
averla visitata. Al primo impatto dovrà seguire un’esperienza più
approfondita, perché la dimensione psicologica e ancor più quella
spirituale sono dimensioni di autocoscienza che chiedono tempo per
essere elaborate.
Un
dimensione umana privilegiata nella vostra scuola
Nella
convinzione che ognuno di chi vi abiterà e lavorerà potrà scoprire
aspetti sempre nuovi e a sé corrispondenti in questa nuova scuola
Aurora Bachelet, segnalo qui una dimensione che mi ha immediatamente
colpito nella prima visita: in questa architettura l’immaginario,
quella capacità che noi abbiamo di elaborare immagini e che ci serve
per muoverci nel mondo multiforme e continuamente variabile della
natura, viene provocato ad elaborare in modo non usuale gesti che
compiamo quotidianamente: entrare, uscire, camminare, salire,
scendere, girarsi, avanzare, affacciarsi, ecc. Ho usato solo verbi
per dire quello che ho colto, non ho detto che siamo invitati a
guardare una facciata, come standoci di fronte. La percezione alla
quale questo edificio invita non è come quella proposta da un
quadro, non è statica. Siamo invitati a pensare allo spazio non come
ad un oggetto immateriale, un grande vuoto ‘inscatolato’, ma come
ad un contesto vissuto da noi. Sta a noi, dentro questo vissuto
mettere i nostri più grandi ideali.
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